Schiodature a raffica rivendicate: adesso è il turno della Sardegna

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Un sedicente “Gruppo di riscatto ambientale” rivendica lo smantellamento della falesia Damia a Dorgali

Chiariamolo subito: si tratta indubbiamente una circostanza completamente diversa rispetto alla recentissima rivendicazione dello smantellamento della via Mamma li Turchi a Tessari nel veronese, ma la sostanza è simile e il danno è sicuramente più grande per la comunità arrampicatoria e non solo. Si tratta infatti della schiodatura integrale di un’intera falesia chiodata, insieme ad alcuni amici, dal romano Marco Solari, un appassionato di prima generazione con seconda casa in zona, che di tasca sua ha attrezzato gran parte di questa parete al confine tra i comuni di Dorgali e Oliena, nell’entroterra sardo poco lontano da Cala Gonone, nella Valle di Lanaitto.

La topo della parte finora chiodata (solo 8 vie su un potenziale di 50) della grande parete era stata recentemente inserita su Planetmountain anche nella speranza che altri chiodatori intervenissero nella preparazione della parete, che richiede, oltre a un investimento finanziario importante, anche un grosso intervento in termini di ore e di fatica.

Nella mattina dell’8 gennaio 2025 è arrivata alle diverse redazioni una e-mail “firmata” da un sedicente gruppo di riscatto ambientale con il seguente testo:

“Il gruppo di riscatto ambientale rivendica la totale scudatura della falesia creata recentemente nel territorio di Dorgali da Luca Solari. Non possiamo restare in silenzio mentre avventurieri della domenica arrivano nei nostri territori attrezzando per percorsi da arrampicata senza alcun criterio. Abbiamo agito per ripristinare quanto danneggiato e continueremo a farlo con la stessa determinazione ogni volta che i nostri territori saranno minacciati”.

A questo proposito abbiamo immediatamente rivolto una mail di risposta conseguente contenuto:

Immagino vogliate mantenere l’anonimato però, per poter scrivere in modo equilibrato dell’ accaduto, ho bisogno di avere alcuni chiarimenti.

1 siete sardi? Siete arrampicatori a vostra volta?

2 dite che i percorsi di Arrampicata tracciati dal Solari sono stati realizzati senza alcun criterio. Vi riferite alla chiodatura? Vi riferite al mancato rispetto di proprietà private? C’è un qualche tipo di violazione di una riserva ambientale sulla parete in questione? Altro?

3 se ad attrezzare fosse stato un sardo oppure proprio un locale della zona di Dorgali avreste agito diversamente?

4 più in generale secondo voi la città di Dorgali ha avuto dei vantaggi economici dalla nascita di itinerari di arrampicata in zona, anche se la maggior parte delle pareti concentrate nel comprensorio di cala Gonone?

A tutt’ora non sono pervenute risposte mentre invece il chiodatore, Luca Solari, che ha appreso direttamente da noi dell’accaduto, è stato molto disponibile a raccontare la storia della falesia e degli altri interventi da lui realizzati in zona negli ultimi anni.

Avevi ricevuto minacce o similari durante la fase di chiodatura?

A dire il vero non è un fulmine sereno quello che è capitato oggi perché ci sono dei precedenti, o meglio un precedente. Due anni fa circa avevo chiodato un tiro alla falesia S’atta Ruja in Comune di Dorgali con i fix, ed era stato schiodato e nel contempo avevo ricevuto minacce telefoniche sia attraverso messaggi che attraverso voce registrata. Non mi ero dato per vinto già allora e avevo richiodato la via addirittura a fittoni resinati del 12 (!) che sono stati a loro volta segati via con il flessibile, immagino anche con un certo impegno di lavoro da parte di quelli che io chiamo vandali.

Ti eri mosso in qualche modo ufficiale o giudiziale all’epoca?

Sì, stavo per andare dai carabinieri, poi un amico del posto, che bene o male aveva individuato gli autori del gesto, tutti i giovani arrampicatori locali, mi aveva convinto ad abbassare il livello e, semplicemente mi ero recato presso il Comune di Dorgali per raccontare l’accaduto e per capire quale fosse l’atteggiamento delle autorità nei confronti di questo tipo di azione reazione. In quel momento sia io che le autorità avevamo in mano nomi e cognomi degli autori del gesto. Ci lasciammo che il Comune di Dorgali sarebbe intervenuto presso questi soggetti che all’epoca erano cani sciolti e non ancora una sorta di associazione come sembra siano diventati dalla lettera di oggi.

Ma tu avevi fatto delle ricerche a riguardo di qualche tipo di riserva ambientale sulla parete in questione?

Io mi ero mosso secondo le regole locali, che nel Comune di Oliena prevedono di richiedere un’autorizzazione alla chiodatura preventiva mentre nel Comune di Dorgali questa non è necessaria. All’inizio del mio lavoro sulla falesia Damia ero convinto che la parete si trovasse interamente in comune di Oliena e avevo fatto la richiesta di autorizzazione che non ha mai ricevuto risposta e in Italia vige il silenzio assenso. Poi mi è stato spiegato che probabilmente tutta o in parte insiste sul territorio di Dorgali, dove non è necessario richiedere permessi per chiodare.

Adesso non si tratta più di una singola via, ma di una intera falesia, altro che i 150 euro del tiro di S’Atta Ruja…

Infatti un po’ per questo è un po’ per il cumulo emozionale della situazione, stavolta procederò sicuramente presso i carabinieri e sporgerò denuncia. Sono sicuro che sia la strada giusta anche perché, all’epoca della prima schiodatura, un po’ di rumore l’avevo fatto ed era stato pubblicato un articolo sulla Nuova Sardegna a riguardo e tanti commercianti locali mi avevano dimostrato solidarietà, indispettiti dal danno di immagine che il paese avrebbe potuto subire agli occhi degli arrampicatori intenzionati a venire a scalare nelle belle falesie della zona, in un certo senso è un po’ adombrata da Cala Gonone.

Ma se non ci sono problemi di salvaguardia ambientale e tantomeno di sovraffollamento perché la zona è estremamente isolata e decisamente di nicchia, quali sono le ragioni secondo te che hanno mosso queste persone a faticare per distruggere il tuo lavoro?

Stiamo parlando di gente molto giovane, poco più di vent’anni e l’impressione che ho avuto io è proprio di una sorta di antipatia nei confronti del villeggiante che viene a chiodare nel loro territorio ed è una cosa che faccio fatica a capire perché, in un certo senso, ho fatto un grosso favore anche a loro: non hanno speso nulla, non hanno faticato e si sono trovati con un sacco di bei tiri da provare in una falesia che era stata completamente ignorata da che esiste l’arrampicata sportiva. Però proprio dai messaggi minatori, dai toni e anche dai contenuti della lettera che è pervenuta a voi, traspare, secondo me, una sorta di odio nei confronti di chi arriva dal continente ad operare “a casa loro”. Il brutto è che questo odio potrebbe trasferirsi tout court sui semplici arrampicatori che venissero a scalare su questa parete.

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